Christiania; 35 ettari di libertà a Copenaghen

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Christiania; 35 ettari di libertà a Copenaghen

Siamo agli albori degli anni ‘70 e nel quartiere Christianshavn, alla periferia di Copenaghen, serpeggiano istanze autogestionarie. Un’antica area militare di circa 35 ettari, da anni inutilizzata, inizia ad incuriosire -ed ingolosire- diversi abitanti, eterogenei per età e ceto sociale.

In breve tempo cresce l’interesse per i vecchi casermoni, si iniziano a forzare serrature arrugginite, a far cigolare cardini “ingrippati” fino a che, nel 1971, viene proclamata l’area, ribattezzata Christiania, una città libera.
La notizia si propaga rapidamente e la zona occupata inizia ad attirare hippies, squatters e, più generalmente, persone alla ricerca di una vita diversa.
Dopo qualche fisiologico conflitto con il governo danese, Christiania (qualificata anche come Free Town) viene presto riconosciuta come “esperimento sociale” e, nel tempo, riuscirà a mantenere questo status anche nel corso di momenti difficili con le istituzioni.
Uno di questi si viene a creare quando, alla fine degli anni ’70, il parlamento approva un piano locale che divide l’area in una zona “legalizzabile” ed una da sgomberare.
Christiania non piega la testa; viene fondata una rivista, Nitten in cui la comune metropolitana si presenta orientata in senso ecologico, creando i presupposti per redigere, in un secondo momento, un “piano alternativo”.
Allo stesso tempo, essendo molto propositiva da un punto di vista culturale -soprattutto in ambito musicale-, diventa una delle maggiori attrazioni turistiche a Copenaghen.
Nel ’95 la Free Town si dota del quarto asilo, accessoriato di pannelli solari e compost-toilet e l’anno successivo converge, con il Ministero della Difesa, su un piano locale di compromesso.
E’ questa una fase abbastanza tranquilla per la Free Town che culmina, nel 2000, con un concerto cui partecipa un ospite d’eccezione: Bob Dylan. Nel 2001, tuttavia, la Danimarca vota a destra ed il confronto di Christiania con le istituzioni diventa più difficile.
Obiettivo del governo è utilizzare parte dell’area per l’edilizia privata, stravolgendo lo spirito collettivista dell’esperienza cristianita. Da allora è in atto un braccio di ferro che assume, volta per volta, caratteristiche diverse ma i cristianiti non hanno alcuna intenzione di cedere e stanno ricorrendo a mezzi diversi, finanche legali (nel 2011 hanno creato una fondazione per acquistare gli edifici storici di proprietà del comune) per preservare l’esperimento sociale e comunitario.
Da un punto di vista organizzativo Christiania è una Consensus Democracy. L’assemblea generale di tutti i cristianiti è il più importante organo di autogoverno ed è previsto che qualunque decisione debba essere frutto di un accordo grossomodo unanime tra i partecipanti agli incontri.
Allo stesso tempo, l’organizzazione della vita collettiva è decentrata nelle 15 zone in cui la comune è suddivisa. Nelle assemblee di quartiere viene organizzata la vita locale e, parallelamente, si discute di questioni più generali, le stesse che vengono poi dibattute nell’assemblea di tutti i cristianiti.
A Christiania, come ad Auroville, sono attivi diversi gruppi di lavoro che si occupano della gestione dell’economia interna, delle problematiche tecniche, ecc.
La Free Town, dove vivono circa 800 persone tra cui 150 bambini, si sostenta con il contributo mensile degli abitanti e parte degli introiti delle attività di alcuni cristianiti sul suo territorio: negozi (di generi alimentari, cancelleria, ferramenta ecc.), bar, locali, nonché una “casa della salute” che offre, tra i suoi servizi, una piacevole sauna.

 

Christiania, Copenaghen
Tel. +45.3295.6507      .
 E-mail di riferimento: henrikfakir@hotmail.com
Sito Internet www.christiania.org

 

 

Articoli di approfondimento

 

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Per approfondire il fenomeno comunitario

 

Quindici anni di studi — in biblioteca e sul campo — sul vivere insieme.
Il quarto di una fortunata serie di testi sull’universo comunitario, ogni giorno più multiforme. Un excursus che, dalle prime comunità essene, giunge alle contemporanee esperienze di cohousing tentando di non trascurare nessuno: esponenti radicali della riforma protestante, socialisti utopisti, anarchici, hippies, kibbutzniks, ecologisti più o meno profondi, new-agers, cristiani eterodossi, musulmani pacifisti e altro ancora.
Una mappatura ragionata — su scala italiana, europea e mondiale — di gruppi di persone che abbiano deciso di condividere, in vario modo, princìpi, ambienti, beni di vario genere e denaro, di comunità sperimentali — spesso ecologiste — dove si sondino le suggestive sfide di uno spazio vitale comune.

 

Manuel Olivares, sociologo di formazione, vive e lavora tra Londra e l’Asia.
Esordisce nel mondo editoriale, nel 2002, con il saggio Vegetariani come, dove, perchè (Malatempora Ed). Negli anni successivi pubblicherà: Comuni, comunità ed ecovillaggi in Italia (2003) e Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo (2007).
Nel 2010 fonda l’editrice Viverealtrimenti, per esordire con Un giardino dell’Eden, il suo primo testo di fiction e Comuni, comunità, ecovillaggi.
Seguiranno altre pubblicazioni, in italiano e in inglese, l’ultima e di successo è: Gesù in India?, sui possibili anni indiani di Gesù.

 

Leggine l’introduzione

 

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