La Sindone tra scienza e fede; intervista al Professor Bruno Barberis

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La Sindone tra scienza e fede; intervista al Professor Bruno Barberis

Bruno Barberis  è nato a Torino il 1° marzo 1953. Nel 1975 ha conseguito la laurea in Matematica presso l’Università di Torino. Dal 1983 è Professore Associato di Fisica Matematica presso il Dipartimento di Matematica dell’Ateneo torinese. Ha insegnato svariate materie, tra le quali meccanica razionale, fisica matematica, analisi matematica, metodi di approssimazione, onde elettromagnetiche, biomatematica, ricerca operativa, calcolo delle probabilità e statistica matematica, ecc.

Le sue ricerche scientifiche riguardano i modelli cosmologici d’universo omogenei isotropi e anisotropi, il collasso di ammassi di materia disgregata e problemi inversi nella teoria del campo di attrazione newtoniano. In tali settori ha pubblicato oltre ottanta lavori su riviste nazionali ed internazionali. Ha partecipato inoltre a decine di Convegni in Italia e all’estero su tematiche inerenti la cosmologia.

Nel 1975 ha iniziato ad occuparsi della Sindone dal punto di vista della ricerca scientifica e dal 1977 è membro della Confraternita del Santissimo Sudario di Torino e del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, organismi che si occupano di coordinare a livello internazionale gli studi e le ricerche sulla Sindone e di promuoverne la conoscenza.

Dal 1988 al 2002 è stato Presidente della Confraternita del Santissimo Sudario e del Centro Internazionale di Sindonologia. Dal 2002 al 2016 è stato Direttore del Centro Internazionale di Sindonologia. Dal 2017 è Presidente del Comitato Scientifico del Centro Internazionale di Sindonologia.

Ha collaborato all’organizzazione delle Ostensioni della Sindone tenutesi a Torino nel 1978, nel 1998, nel 2000, nel 2010, nel 2013 e nel 2015, essendo stato nominato membro delle Commissioni che si sono occupate dell’organizzazione delle suddette sei ostensioni. Dal 1991, anno della sua istituzione, è membro della Commissione per la conservazione della Sindone e in tale veste ha contribuito alla progettazione e alla realizzazione delle nuove modalità di conservazione della Sindone, realizzate nel decennio 1992-2002. Dal 2002, anno della sua istituzione, è membro della Commissione diocesana per la Sindone, che ha il compito di collaborare con il Custode Pontificio della Sindone, l’Arcivescovo di Torino, per la realizzazione di ogni attività e iniziativa riguardante la Sindone.

È stato membro del Comitato scientifico di decine di convegni sulla Sindone organizzati sia in Italia che all’estero, durante i quali ha tenuto decine di relazioni scientifiche su svariati argomenti, in particolare sull’applicazione del calcolo delle probabilità allo studio dell’identificazione dell’uomo della Sindone. È autore di una ventina di libri e di oltre 150 articoli sulla Sindone sia a livello scientifico sia a livello divulgativo, pubblicati su riviste scientifiche nazionali e internazionali e su mensili e quotidiani sia italiani che stranieri.

Ha tenuto più di 2800 conferenze sulla Sindone sia in Italia che all’estero (Austria, Brasile, Corea del Sud, Danimarca, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Honduras, Israele, Messico, Panamá, Perù, Spagna, Stati Uniti, ecc.).

Ha partecipato a numerose trasmissioni radiofoniche e televisive sulla Sindone sia in Italia che all’estero e ha collaborato come redattore ed esperto alla realizzazione di numerosi film, documentari e DVD sulla Sindone.

Nel 2003 è stato insignito dalla Città di Torino del Premio San Giovanni per la sua attività di scienziato e di divulgatore della cultura torinese in Italia e all’estero.

Nel luglio 2017 il Professor Barberis ha partecipato al Jalsa Salana UK, l’incontro annuale della Comunità Islamica Ahmadiyya (da sempre interessata alla Sindone) svoltosi, ad Alton (poco distante da Londra), l’ultimo week end del mese.

L’evento ha coinvolto quasi 40000 persone ed è stato definito, dal settimanale inglese The Economist, il più importante raduno musulmano in Europa occidentale (qui l’articolo rispettivo).

Nell’ambito del Jalsa Salana UK ampio spazio è stato dedicato alla Sindone, cui da tempo si dedica la Review of Religions  — prestigiosa rivista della Comunità Ahmadiyya il cui primo numero venne stampato, in India, nel 1902 — e, oltre al Professor Barberis, erano presenti: Barrie Schwortz (il fotografo ufficiale della sacra reliquia) ed il regista David Rolfe, autore del celebre documentario The Silent witness (Il testimone silenzioso).

Manuel Olivares

 

 

Professor Barberis, ci siamo conosciuti all’incontro annuale della Comunità Islamica Ahmadiyya, Jalsa Salana UK. Come è venuto in contatto con la Comunità e che impressione ha avuto dell’incontro?

 

Alcuni mesi fa sono stato contattato dal Dr. Abdul Fatir Malik, presidente della sezione italiana della comunità e ho guidato lui ed altri membri inglesi a visitare il Museo della Sindone di Torino. Ho accettato molto volentieri il loro invito a partecipare al Jalsa Salana 2017 per tenere una conferenza sulle ricerche scientifiche sulla Sindone. Per me l’esperienza vissuta quest’anno ad Alton è stata molto positiva; ho conosciuto numerose persone molto interessate alla Sindone e al suo profondo messaggio spirituale con le quali ho potuto condividere sentimenti e ideali profondi.

 

Venendo alla Sindone, sappiamo che l’ultimo parere della scienza, al riguardo, è che si tratti di un falso realizzato in periodo medievale. Lei ritiene invece che l’esame del Carbonio 14 vada rifatto. Può gentilmente spiegarci perché?

 

Immediatamente dopo la comunicazione ufficiale della datazione medioevale della Sindone (13 ottobre 1988) si scatenò un coro di contestazioni intorno all’intero programma di datazione, alimentato purtroppo da leggerezze, imprudenze e in alcuni casi da comportamenti poco corretti.

L’accusa più grave sostiene che i campioni analizzati dai laboratori non sono stati quelli sindonici ma dei reperti medievali posti fraudolentemente in loro luogo. Un punto da evidenziare è purtroppo la mancanza di un verbale di prelievo.  Come conseguenza non si conoscono con certezza né i pesi né le dimensioni dei campioni di telo sindonico consegnati ai tre laboratori.  La situazione è inoltre stata ulteriormente ingarbugliata da alcune incaute e contraddittorie comunicazioni rese dai responsabili del prelievo in occasione di alcune conferenze e congressi internazionali.

Un importante elemento di cautela nell’accettazione acritica dei risultati riguarda l’operazione di prelievo del campione e la carenza di esami multidisciplinari atti ad accertare il tipo e la quantità di sostanze estranee presenti sui campioni esaminati. Due chimici americani, Alan Adler e Raymond Rogers analizzarono un filo residuo del campione sindonico utilizzato per la radiodatazione; il suo spettro infrarosso risultò diverso da quello tipico del tessuto e inoltre presentava caratteristiche particolari rispetto al complesso del telo sindonico. Secondo gli autori risulterebbero evidenze per pensare che il sito in cui è stato effettuato il prelievo del campione di tessuto sia stato sottoposto nel passato ad un rammendo esteriormente invisibile e pertanto la data misurata, corretta da un punto di vista strettamente sperimentale, non corrisponderebbe alla vera età della Sindone. Risulta infatti che, durante l’operazione di prelievo, sia stato necessario eliminare una parte del campione per l’evidente presenza di sostanze estranee. Comunque è evidente che il prelievo effettuato in un solo sito rischia di fornire dati omogenei fra loro ma non rappresentativi dell’intero oggetto in esame.

I risultati della radiodatazione sono tuttora oggetto di un ampio dibattito tra gli studiosi circa l’attendibilità dell’uso del metodo del radiocarbonio per datare un oggetto con caratteristiche storiche e chimico-fisiche così peculiari come la Sindone. La datazione medioevale contrasta con vari risultati ottenuti in altri campi di ricerca ed inoltre non è facile accertare se nel corso dei secoli non si è aggiunto nuovo C14 a quello presente al momento del taglio del lino utilizzato per tessere la Sindone. Studi effettuati su tessuti antichi hanno ulteriormente riaperto il dibattito scientifico sulla datazione della Sindone, fornendo risultati sperimentali che sembrano provare che contaminazioni di tipo biologico, chimico e tessile sono in grado di alterare considerevolmente l’età radiocarbonica di un tessuto. Poiché la Sindone è certamente stata sottoposta a contaminazioni di tipo biologico (lo provano le microtracce ritrovate su di essa), chimico (in conseguenza dell’incendio patito a Chambéry) e tessile (la zona del prelievo sembra possedere caratteristiche diverse dal resto del tessuto, facendo presumere che possa essere stata oggetto di un rammendo), i suddetti risultati sperimentali meritano di essere attentamente studiati e verificati mediante la realizzazione di un ampio programma di ricerche e di nuovi esami che consenta di valutare il problema dell’introduzione di un opportuno fattore di correzione alla data radiocarbonica del tessuto sindonico. Pertanto al momento attuale il problema della datazione del tessuto sindonico risulta aperto e non ancora risolto.

 

Navigando in rete si legge che c’è qualcuno che, a partire da un’analisi scientifica della Sindone, ritiene quasi di essere in grado di provare, scientificamente, la risurrezione. Pensa che una cosa del genere potrà mai essere possibile?

 

Di un evento “soprannaturale” come la risurrezione di Cristo (e in generale di qualsiasi essere vivente) non vi potrà mai essere una “prova scientifica” poiché per sua definizione intrinseca la Scienza, qualsiasi scienza, è stata  inventata dall’Uomo al fine di descrivere gli eventi naturali cioè quelli che accadono nel mondo che ci circonda e al quale apparteniamo e che sono pertanto verificabili ed analizzabili sperimentalmente attraverso l’osservazione diretta o indiretta (cioè tramite opportuni strumenti) e ovviamente la resurrezione di un essere vivente non rientra tra tali eventi. Ciò ovviamente non impedisce una profonda riflessione sul fatto che sulla Sindone è impressa senza alcun dubbio l’impronta lasciata dal cadavere di un essere umano (unica al mondo con tali caratteristiche) che fino ad oggi nessuno è ancora riuscito a riprodurre utilizzando metodi e tecniche conosciute dall’uomo (nonostante i numerosi, ma del tutto insoddisfacenti tentativi) e che risulta pertanto, fino ad oggi, inspiegabile.

 

Come accennavo in una precedente domanda, lei ritiene che l’esame al Carbonio 14 vada rifatto. Ci sono possibilità che questo avvenga? Nel caso ci fossero, quando e in che modo?

 

Per poter ripetere la datazione del tessuto della Sindone con il metodo del C14 è necessario innanzitutto conoscere perfettamente le caratteristiche fisico-chimiche dell’intera Sindone in modo da identificare i siti più adatti ad effettuare i prelievi di campioni. Si tratta pertanto di realizzarne una mappa dettagliata effettuando indagini spettroscopiche con radiazioni di diverse lunghezze d’onda in ogni punto del telo. Senza questa indagine preliminare si rischierebbe di ottenere risultati non significativi facilmente criticabili. Inoltre si dovranno effettuare più prelievi di fibre del tessuto da vari punti del telo in modo da ottenere un risultato veramente rappresentativo dell’intero lenzuolo.

 

Ragionando ora in termini astratti, che potrebbero anche risultare incongrui per una persona abituata a poggiare quanto afferma su dati rigorosamente scientifici, qualora fossimo in grado di dimostrare che la Sindone sia del primo secolo d.C., con quale ragionevolezza si potrebbe affermare che sia, effettivamente, il lenzuolo che ha avvolto Gesù?

 

Per analizzare scientificamente quanto è attendibile l’identificazione, che la tradizione ha da sempre compiuto, tra Gesù di Nazareth e l’uomo della Sindone, è necessario mettere a confronto le descrizioni della passione, della morte e della sepoltura di Gesù fatte nei quattro vangeli canonici con le caratteristiche della doppia impronta della Sindone e individuare le caratteristiche comuni ai due soggetti. A questo punto si può usare il calcolo delle probabilità (quel settore della matematica che si occupa di calcolare il grado di fiducia che si può attribuire al verificarsi di un dato evento) per valutare quantitativamente – basandosi esclusivamente su considerazioni oggettive, del tutto scevre da ogni ipotesi aprioristica – qual è la probabilità che tali caratteristiche comuni possano essere appartenute ad un qualsiasi crocifisso della storia.

Prendiamo in esame le principali caratteristiche comuni a Gesù e all’uomo della Sindone:

1) L’uomo della Sindone e Gesù dopo la morte sono stati avvolti in un lenzuolo. Questo è un fatto molto raro nei tempi antichi, soprattutto per un crocifisso. Nella maggior parte dei casi i cadaveri dei crocifissi venivano abbandonati sulla croce stessa agli animali selvatici o al più sepolti in fosse comuni.

2) Sia all’uomo della Sindone sia a Gesù è stato posto sul capo un casco di spine. Questo fatto è veramente eccezionale e non possediamo nessun documento che riporti una tale usanza né presso i Romani né presso altri popoli.

3) L’uomo della Sindone, così come Gesù, ha trasportato sulle spalle un oggetto pesante che non può essere altro che il patibulum al quale è stato inchiodato.

4) Sia l’uomo della Sindone sia Gesù sono stati fissati alla croce con chiodi. Questo fatto sembra fosse riservato a crocifissioni ufficiali, mentre nella maggioranza dei casi i condannati avevano le mani e i piedi legati con corde.

5) L’uomo della Sindone e Gesù sono stati feriti al costato dopo la morte, mentre non presentano fratture alle gambe. È un fatto praticamente unico: assai più comune era l’usanza di spezzare le gambe ai crocifissi per accelerarne la morte (come spiega il vangelo di Giovanni) quando per qualche motivo bisognava anticipare la conclusione dell’esecuzione.

6) L’uomo della Sindone e Gesù sono stati avvolti nel lenzuolo funebre appena deposti dalla croce, senza che venisse effettuata alcuna operazione di lavatura e unzione del cadavere. Questo fatto non corrisponde agli usi dell’epoca che prevedevano per una regolare sepoltura prima la lavatura e l’unzione con aromi e poi l’avvolgimento del cadavere nel telo funebre. Si tratta quindi di un caso eccezionale per il quale sono intervenuti alcuni fattori esterni che hanno condotto ad una sepoltura frettolosa, in attesa della sepoltura definitiva. Nel caso di Gesù sappiamo che fu avvolto in un lenzuolo e posto in un sepolcro subito dopo la deposizione dalla croce, a causa della necessità di compiere tale operazione prima del sopraggiungere della sera quando sarebbe iniziata la Pasqua ebraica durante la quale nessun lavoro manuale poteva essere eseguito. La sepoltura definitiva avrebbe dovuto essere eseguita dalle donne due giorni dopo.

7) Sia l’uomo della Sindone sia Gesù sono rimasti nel lenzuolo per poco tempo. Infatti affinché l’immagine che noi vediamo si sia prodotta è stato necessario che il cadavere sia rimasto dentro il lenzuolo almeno ventiquattro ore ma non più di due o tre giorni perché altrimenti il processo di decomposizione avrebbe distrutto l’immagine e avrebbe comunque lasciato sul telo macchie ancora oggi visibili e riconoscibili che invece sulla Sindone non sono presenti. Tale fatto è veramente sorprendente poiché non sembra assolutamente ragionevole deporre un cadavere in un lenzuolo (cosa non comune nei tempi antichi) per poi entrare nel sepolcro e toglierglielo dopo così poco tempo. Anche Gesù è stato avvolto in un lenzuolo subito dopo la deposizione dalla croce e, dopo un periodo non superiore a quaranta ore, nel sepolcro, custodito da guardie, fu ritrovato il solo lenzuolo mentre il cadavere non c’era più.

È stata assegnata una probabilità ad ognuna di queste sette caratteristiche comuni a Gesù e all’uomo della Sindone, dando ovviamente un valore maggiore a quelle caratteristiche che è più probabile siano appartenute ad un qualsiasi crocifisso ed un valore minore a quelle più rare, cioè che molto difficilmente si sono verificate per un qualunque crocifisso. Al termine di questo calcolo la probabilità totale, cioè la probabilità che questi sette eventi si siano verificati contemporaneamente, ovvero che queste sette caratteristiche si trovino riunite tutte insieme su uno stesso uomo che abbia subito il supplizio della crocifissione è risultata essere uguale a 1 diviso 200 miliardi. Ciò significa che su 200 miliardi di eventuali crocifissi ve ne può essere stato uno solo che abbia posseduto le sette caratteristiche comuni all’uomo della Sindone e a Gesù che abbiamo preso in considerazione. Poiché è evidente che nella storia dell’umanità non vi possono essere stati 200 miliardi di crocifissi (al massimo qualche centinaia di migliaia o qualche milione) il calcolo fatto permette di concludere che è altissima la probabilità che un crocifisso con queste caratteristiche sia unico e che pertanto l’uomo della Sindone sia proprio Gesù di Nazareth.

 

Cosa pensa della tesi Ahmadiyya in merito alla Sindone? Che abbia, cioè, avvolto il corpo di Cristo ma che quello stesso corpo fosse vivo e non morto?

 

Come ho già detto chiaramente, gli studi e le analisi scientifiche effettuate sull’impronta umana impressa sulla Sindone conducono all’altissima probabilità che si tratti dell’impronta lasciata dal cadavere di un uomo torturato e crocifisso e non di un uomo ancora vivo.

D’altra parte per la fede cristiana è indiscutibile che Gesù di Nazareth sia morto in croce, avvolto in un lenzuolo, sepolto in una tomba e risorto da morte dopo non più di un giorno e mezzo. Tali certezze della fede cristiana non si basano sulla Sindone, ma su ben altri presupposti come i testi evangelici, le testimonianze storiche e la tradizione secolare della Chiesa.

Rispetto la tesi della comunità Ahmadiyya che evidentemente si basa su una diversa lettura ed interpretazione dei testi evangelici e storici. Ritengo a tale proposito che ogni discussione sia sempre utile e positiva a patto che sia costruttiva e rispettosa dei diversi punti di vista e delle diverse interpretazioni anche quando sono tra di loro in contrapposizione.

 

In ultimo, ci può dare alcune delucidazioni, riprendendo il titolo di un testo di cui è co-autore, riguardo un “dialogo possibile tra Sindone, scienza e fede”?

 

La lettura, lo studio e la meditazione sull’immagine visibile sulla Sindone conducono sostanzialmente a due livelli di riflessione. Da un lato lo studio dell’immagine presenta un altissimo interesse dal punto di vista scientifico. Soprattutto in questi ultimi 40 anni gli scienziati hanno cercato di comprenderne a fondo le caratteristiche e l’origine, avviando studi nei più disparati settori della scienza: fisica, chimica, biologia, informatica, medicina legale, statistica, ecc. In questi anni la Sindone è stata pertanto al centro di un ampio, articolato e acceso dibattito scientifico a livello multidisciplinare. D’altra parte la tradizione ha sempre identificato la Sindone con il lenzuolo funebre di Gesù di Nazaret e in tempi più recenti tale identificazione si è avvalsa dei moderni studi esegetici, con risultati rilevanti. Ciò ha ovviamente interessato il campo della fede cristiana, aprendo così un acceso dibattito sul rapporto tra Sindone e fede.

I due modi di intendere la ricerca sulla Sindone si sono naturalmente spesso incontrati e scontrati, dividendo a volte sia gli addetti ai lavori sia la gente comune: Sindone oggetto di fede e di venerazione o oggetto di interesse scientifico e di studio? Sovente in questi ultimi anni le due modalità di approccio alla Sindone sono state contrapposte, come se l’una escludesse necessariamente l’altra, in quanto incompatibili tra di loro. Si è sviluppato così un dibattito notevolmente animato, forse come non mai in passato, favorito sia dai moderni mezzi di comunicazione sia dal grande interesse suscitato a livello mondiale dalle ultime ostensioni.

Per approccio scientifico si intende normalmente quello secondo il quale la Sindone è considerata esclusivamente come un oggetto di studio e con il quale ci si pone pertanto l’unico problema di cercare di risolvere le domande circa la sua origine e autenticità. Per approccio pastorale si intende la lettura della Sindone alla luce del suo messaggio intrinseco che, a partire dal suo stretto ed indiscutibile rapporto con le Sacre Scritture, giunge ad essere un prezioso ed unico ispiratore della vita di fede ed il suggeritore di quelle opere di carità che ne sono il vero grande frutto.

Più volte mi è capitato di sentirmi interpellare sulla possibilità che prima o poi si possa giungere ad una conclusione definitiva e assolutamente certa sull’autenticità della Sindone, ovvero sul fatto che si tratti con assoluta certezza del lenzuolo funebre di Gesù di Nazareth oppure che lo si possa sicuramente escludere. Per motivi di rigore scientifico, a domande del genere è necessario rispondere in termini probabilistici, esprimendo (come ho già precisato precedentemente) qual è la probabilità che, in base alle conoscenze attuali, tale risultato corrisponda alla verità, ma ben sapendo naturalmente che nuove scoperte o nuove conoscenze potranno modificare o addirittura ribaltare i risultati a cui oggi si è pervenuti.

Ma tali considerazioni permangono valide anche quando sono a confronto studi di tipo scientifico e riflessioni di carattere religioso? Evidentemente sì se tali studi hanno gli stessi scopi. Ma se le finalità sono diverse o stanno addirittura su piani tra loro non confrontabili, le cose cambiano radicalmente. È proprio quello che accade nel campo degli studi sulla Sindone. L’approccio religioso descritto precedentemente non potrà mai avere lo scopo di indagare sull’autenticità storico-scientifica del lenzuolo e della sua immagine. Ha invece il fine, tutt’altro che secondario, di leggere la Sindone in profondità, con l’intento di cogliere il messaggio essenziale che da quell’immagine promana, grazie alla sua perfetta re-lazione di similitudine con la vicenda di Gesù di Nazareth, in particolare con la sua passione, morte e resurrezione. È evidente che tale approccio religioso può appoggiarsi ai risultati delle indagini storico-scientifiche, ma in realtà non dipende affatto da esse poiché non ha lo scopo di cercare risposte sull’autenticità della Sindone. Pertanto, porre in antitesi l’approccio scientifico a quello religioso non ha senso, anzi è assai pericoloso perché da un lato si rischia di ridurre la Sindone ad un “oggetto morto”, ad un’immagine che ha significato solo in sé e per sé e che non interpella affatto la nostra vita e dall’altro di trasformare la Sindone in una specie di idolo asservito a tesi aprioristiche e strumentali. Ma sono poi veramente in antitesi i due modi di rapportarsi all’immagine? Personalmente ritengo che i due tipi di approccio siano non solo compatibili, ma anzi tra loro complementari, costituendo le due parti, entrambe indispensabili, di una corretta, efficace e completa presentazione della Sindone. Essi possono benissimo coesistere a patto che ne vengano rispettati i diversi piani di competenza e non si voglia a tutti i costi mescolarli forzando le conclusioni senza rispettarne le peculiarità. A tale proposito è importante ribadire, a scanso di equivoci, che la fede cristiana non si fonda né si fonderà mai sulla Sindone, ma su ben altri presupposti.

Si può allora concludere che a tutti coloro che si pongono di fronte alla Sindone liberi da preconcetti e da pregiudizi una presentazione corretta dà la possibilità di percorrere un prezioso cammino di riflessione alla scoperta del mistero della passione di Gesù, narrata in forma letteraria dai testi evangelici. Tale percorso ha bisogno di essere sostenuto sia dalle conferme e dalle scoperte che provengono dagli studi scientifici dell’impronta sindonica, sia da quella riflessione che consente di andare oltre l’immagine per cogliere nella sua interezza il messaggio di salvezza e di redenzione donatoci dalla sofferenza di Cristo nel lungo e doloroso cammino della sua passione. La Sindone ha pertanto assolutamente bisogno di essere studiata e capita seguendo entrambi gli approcci: quello della scienza e quello della fede. Altrimenti sarà impossibile coglierne ed approfondirne appieno il profondo messaggio.

 

Jalsa Salana UK, 2017

Da Sinistra: Bruno BarberisBarrie SchwortzArif Khan (Review of Religions), Manuel Olivares.