Shantiniketan: l’esperimento pedagogico, economico e sociale di Rabi Babu

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Shantiniketan: l’esperimento pedagogico, economico e sociale di Rabi Babu

«Il fanciullo ornato di abiti principeschi e di collane preziose perde ogni piacere nel gioco; l’abito lo ostacola a ogni passo. Per timore di strappare o di impolverare il vestito, si tiene lontano dal mondo e ha paura anche solo di muoversi. Madre, la tua prigione di gioielli non è un beneficio, se ci separa dalla sana polvere della terra, se ci priva del diritto di entrare nella grande fiera della comune vita umana».

Rabindranath Tagore, Gitanjali, “Canti di offerta”.

Calcutta non è più l’inferno presentato, pur fascinosamente, da Dominique Lapierre ne La città della gioia.
E’ oggi una città godibilmente intensa, nel suo melange di tradizione e modernità. Un elemento, tuttavia, la rende ancora modestamente infernale: l’inquinamento acustico e dell’aria, feroce al punto da richiedere, a un certo momento, una sana fuga ristoratrice. Questa può avvenire a bordo dello Shantiniketan Express con destinazione Bolpur e il piccolo paradiso di Rabi Babu, il famoso poeta bengalese Rabindranath Tagore.

 

 

A Shelaidah quasi come a Kapilavastu

 

Rabi Babu nasce a Calcutta nel 1861, in una famiglia nobile. Vive un’infanzia molto preservata, come in genere i giovani rampolli dell’aristocrazia indiana, in un regime che lui avrebbe poi definito benevolmente servocrazia: sotto la continua vigilanza dei servi.
L’ambiente in cui cresce è culturalmente stimolante, consentendogli di respirare molto presto letteratura, ideali religiosi e di orgoglio nazionale.
Il padre Debendranath è un leader del movimento Bengalese, della prima metà dell’Ottocento, Brahmo Samaj (“Comunità di devoti del Brahman”), teso a valorizzare gli insegnamenti monistici delle Upanishad. Questi prendono corpo a partire dalla credenza nella consustanzialità tra principio/sé individuale (Atman) e principio universale (Brahman) da cui scaturisce una visione necessariamente immanente del divino.
Il Brahmo Samaj si struttura presto come nuovo filone religioso ovvero come la più recente delle nove religioni legalmente riconosciute in India (Induismo, Zoroastrismo, Giudaismo, Cristianesimo, Islam, Buddismo, Giainismo, Sikhismo e Brahmoismo). Contesta le tendenze idolatre, il sistema castale e le diverse forme di discriminazione sessuale (ad esempio la tradizione della dote, la segregazione o peggio il rogo delle vedove sulle pire dei mariti), caldeggiando la riforma del sistema educativo e l’accesso universale all’informazione. Nella generale arretratezza culturale del paese, nel diciannovesimo secolo, è senz’altro un movimento illuminato che non mancherà di “illuminare” il giovane Rabindranath.
Questi a 12 anni, eluso il rigido controllo della servocrazia, ha l’opportunità di accompagnare il padre in un lungo viaggio in Bengala ( i cui territori, allora, sconfinavano in parte dell’attuale Bangladesh), scoprendo così quanto gli era stato sino a quel momento precluso.
Il viaggio acquisisce un valore quasi iniziatico, ricordando approssimativamente la prima uscita di Gautama Siddharta ― più tardi conosciuto come il Buddha ― dal palazzo-cittadella di Kapilavastu, oggi nel sud del Nepal.
Siddharta fuori dalle mura protettive avrebbe incontrato un malato, un anziano, una cerimonia funebre ed un asceta. Avrebbe compreso l’ineludibile realtà della sofferenza e della morte e la possibile valenza salvifica dell’ascesi.
Rientrato nel palazzo-cittadella, inquieto, lo avrebbe presto lasciato nuovamente, uscendo dalla porta ad ovest, per non ritornare più.
Rabindranath, nelle campagne bengalesi, avrebbe a sua volta incontrato l’ineludibile realtà della sofferenza, in particolare sui volti dei poveri contadini analfabeti ed il villaggio di Bolpur ma questo incontro sarà decisivo alcuni anni più tardi.
Di ritorno a Calcutta rifiuta presto la monotonia della scuola, continuando gli studi da autodidatta. A diciassette anni ha l’opportunità di incontrare l’Occidente, studiando e soggiornando in Inghilterra. Non si lascia, tuttavia, ammaliare, tornando in India dopo appena diciotto mesi.
Con il tempo si radica a Shelaidah, su possedimenti di famiglia, nell’attuale Bangladesh. A Shelaidah ha nuovamente modo di confrontarsi con le miserrime condizioni di vita degli abitanti dei villaggi, completando la sua “iniziazione”. La sua reazione, tuttavia, prende corpo non nell’ascesi ma nel sociale, nella realizzazione di diversi esperimenti di natura cooperativa e sposando la causa dello swadeshi (l’utilizzo di prodotti locali) che altra fortuna avrebbe conosciuto, decenni dopo, con le iniziative del Mahatma Gandhi.
Il suo ideale, anche poetico, è di riuscire ad andare oltre le feroci cesure sociali del suo paese e l’orgoglio di casta, di cui non manca, talora, di rammaricarsi:

Qui è il tuo sgabello
e qui riposa i tuoi piedi
dove vivono i più poveri,
i più umili, i perduti.
Quando a te io cerco d’inchinarmi,
la mia riverenza non riesce ad arrivare
tanto in basso dove i tuoi piedi
riposano tra i più poveri,
i più umili, i perduti.

L’orgoglio non si può accostare
dove tu cammini, indossando
le vesti dei più poveri,
dei più umili e dei perduti.

Il mio cuore non riesce a trovare
la strada per scendere laggiù
dove tu ti accompagni a coloro che non hanno
compagni, tra i più poveri,
i più umili, e i perduti.

Gitanjali, “Canti di offerta”.

 

 

Shantiniketan

 

Nel 1901 ha inizio l’avventura di Shantiniketan (luogo di pace). Rabindranath, convinto della necessità di contribuire a riformare il sistema educativo, fonda una piccola scuola. I mezzi sono alquanto precari e per far fronte alle spese la moglie Mrinalini Devi è costretta a vendere i suoi gioielli.
In principio gli studenti sono appena cinque e due i docenti che affiancano Tagore. Gli studenti non pagano alcuna retta ed i docenti non percepiscono alcun salario.
Il metodo di insegnamento si rifà a quello degli ashrams nella foresta, nell’India antica.
Studenti e professori vivono insieme in un dormitorio, seguendo la vita disciplinata dei brahmacharya (coloro che si astengono da ogni attività sessuale).
Nell’ashram-scuola si pratica il vegetarianesimo, la cucina e le pulizie vengono gestite dagli studenti, le lezioni si svolgono all’aperto, sotto le chiome di alberi a volte monumentali.
E’ insomma un esperimento pedagogico sui generis, creativo, genuino ma che non manca di presentare alcune falle.
Una, ad esempio, data dal fatto che lo stesso Tagore, insegnante nella sua scuola, non ha alcun titolo legale per farlo, essendosi formato da autodidatta.
In compenso, nel 1913 vince il Premio Nobel per la letteratura che sicuramente contribuisce ad una sua legittimazione, di fatto, come docente.
Negli anni venti l’esperimento del poeta-Premio Nobel ― che nel frattempo ha preso il nome prima di Visva-Bharati e poi, nel 1925, di Patha-Bhavana ― diventa un centro culturale ufficialmente registrato.
Nel suo ambito prendono corpo lo Shantiniketan College (Siksha-Bhavana), principalmente focalizzato su corsi di cultura umanistica, arte e lavoro nel sociale, propedeutici, a partire ancora dal 1925, ad alcuni corsi di laurea (Intermediate Arts, Intermediate Science, Bachelor of Arts) dell’Università di Calcutta, il Vidya-Bhavana, una “comunità di studiosi” specializzati in diversi ambiti linguistici ed umanistici e due istituti di arte. Nello stesso periodo viene avviato un progetto, su terreni vicini a Shantiniketan, di miglioramento della vita rurale nelle aree circostanti (Sriniketan). Vengono dunque sperimentate nuove e più efficaci tecniche agricole e di allevamento e migliorate le condizione igieniche, sanitarie ed alimentari dei villaggi.
Dopo la morte di Rabi Babu, il 7 agosto 1941, nuovi istituti vengono integrati a Shantiniketan e Sriniketan, dove oggi è possibile seguire un percorso formativo dall’infanzia all’università (in quest’ultimo caso soprattutto per la formazione musicale ed artistica).
Lo spirito originario, tuttavia, dell’ashram nella foresta, non è stato del tutto abbandonato. Le lezioni si tengono ancora, nella misura del possibile, all’aperto ed ancora un rapporto sano con la natura viene considerato fondamentale nel percorso umano e, perché no, spirituale dei discenti.

 

 

Rabindaranath Tagore visto da Amartya Sen

 

È interessante segnalare, infine, quanto del poeta-Premio Nobel scrive un altro grande intellettuale bengalese, a sua volta Premio Nobel per l’economia nel 1998 e, in giovane età, studente a Shantiniketan: Amartya Sen.

Gli dedica un capitolo del suo ultimo libro, non ancora tradotto in italiano: The country of the first boys
dove cita un terzo grande talento indiano ― il musicista Ravi Shankar ― che, nel suo testo Raga Mala, ha scritto: “se Rabindranath Tagore fosse nato in Occidente sarebbe stato riverito al pari di Shakespeare o Goethe”.
Inoltre, Sen evidenzia chiaramente quelle che sono state le priorità nell’agenda esistenziale di Tagore, cui il poeta ha dedicato l’intera vita. Valori intramontabili da cui il suo paese, l’India, è bene continui a trarre ispirazione, ferma restando la loro profonda universalità a livello pedagogico, economico e sociale:

-La necessità di incoraggiare un ragionamento critico;
-L’importanza dell’affermazione della libertà dell’uomo;
-L’educazione come il più importante fattore di sviluppo di un paese.

Principi che, abbiamo visto, non sono stati solo proclamati e continuano a essere affermati, nel quotidiano, tra le mura e la rigogliosa vegetazione di Shantiniketan.
In chiusura, naturalmente, ancora una poesia del grande poeta indiano. Un’altra magnifica espressione della sua vicinanza a coloro cui ha dedicato buona parte dei suoi sforzi:

 

Smettila di cantare i tuoi inni,
di recitare le tue orazioni!
Chi adori in quest’angolo buio
e solitario d’un tempio
le cui porte sono tutte chiuse?
Apri i tuoi occhi e guarda:
non è qui il tuo Dio.
È là dove l’aratore
ara la dura terra,
dove lo spaccapietre
lavora alla strada.
È con loro nel sole e nella pioggia,
la sua veste è coperta di polvere.
Levati il manto sacro
e scendi con lui nella polvere.

Liberazione?
Dove credi di poter trovare
liberazione?
Il tuo stesso signore
ha preso su di sé lietamente
i legami della creazione –
è legato a noi tutti per sempre.

Lascia le tue meditazioni,
abbandona l’incenso e i tuoi fiori!
Che male c’è se le tue vesti
diventano sporche e stracciate?
Va incontro a lui,
sta presso di lui
nel lavoro e nel sudore della fronte.

Gitanjali, “Canti di offerta”.