Gesù Cristo: l’Unto, il Messia, Sayīdnā Īsā, seconda parte

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Gesù Cristo: l’Unto, il Messia, Sayīdnā Īsā, seconda parte

La seconda parte del bel contributo dell’amico Maurizio Luzi, grande studioso di religioni comparate e membro della Confraternita Sufi Burhaniyya da circa 30 anni, su una figura di cui ci siamo abbondantemente occupati nell’ambito del Progetto Viverealtrimenti e cui abbiamo dedicato il testo Gesù in India?

Il contributo, essendo piuttosto impegnativo, si sviluppa (clicca qui  per leggere la prima parte) in tre post consecutivi, per dare ai lettori la possibilità di approfondire i contenuti, seguendo i link ipertestuali e non trascurare le note a piè pagine.

Le opinioni espresse in questo post sono personali.

Fate un bel respiro e, al solito: buona lettura!

 

 

 

 

 

Nascita e primi anni di vita

 

 

Prima di tutto alcune osservazioni sulla Concezione di Maria, la Madonna

 

Riguardo alla concezione di Maria molti, già durante i primi secoli del Cristianesimo, l’avevano ritenuta impossibile e pertanto rifiutavano la “verginità” della Madonna; anzi attribuivano la sua gravidanza a Zaccaria o a Giuseppe. Altri avevano invece pensato ad un vero contatto carnale tra l’Arcangelo Gabriele, che aveva assunto la forma di una “persona integrale”, e Maria che si sottomette, nonostante il timore reverenziale ed il pudore verginale, alla Volontà di Dio (Qor. 19,17).

Ma il Qorano ribadisce pienamente la dottrina cristiana della verginità della Madonna, come risulta dal v. 19,35, e poi da altri versetti come 21,91 e 66,12: Noi alitammo in lei del Nostro Spirito, nella fattispecie l’Arcangelo Gabriele (che è un “aspetto-funzione” dello Spirito Santo), il quale è appunto il “Soffio Divino” che pervade l’essere umano senza intaccarlo. La dottrina cristiana parla di obumbratio (= velamento-“copertura”-protezione) dello Spirito sul corpo della Vergine.

La qualità divina della Madonna inoltre è connessa al fatto che ella è l’espressione terrena della “Sostanza Universale” ―prima Vergine, e poi Madre— che produce (o genera) tutte le cose create, identificata presso i popoli antichi (divenuti in seguito pagani) con la Dea-Madre, la madre universale.

 Sempre ricavandoli dal Qorano, riportiamo altri versetti:

 

3,45     Quando dissero gli Angeli: «Oh Maria invero Allah ti annuncia un verbo da parte Sua il cui nome è il “masīħ” Gesù figlio di Maria, illustre in questo mondo e nell’altro [uno] fra gli approssimati.

46      Parlerà agli umani [già quando giacerà] nella culla e [quando sarà] adolescente e sarà [nel novero dei santi] fra gli onesti»

47      Disse [Maria]: «Signore Mio in che modo potrò avere un figlio se nessun uomo mi ha toccato?» Disse [l’Arcangelo replicando]: «È così che Allah crea ciò che vuole. Quando ha preso una decisione, non appena dice ad essa “sii”, subito essa è [istantaneamente]![1]

 

Sebbene il punto di vista “scientifico” abbia diritto ad esprimere le proprie enunciazioni e le proprie conclusioni, non si deve escludere, né tanto meno deridere, la concezione religiosa, la quale, oltre alla Fede, ammette pure fenomeni e realtà inspiegabili razionalmente, come principalmente i miracoli. Citiamo ancora per esempio, sempre in relazione al parto della Madonna (dal Qorano):

 

19,24   Le fu però rivolto al di sotto di essa: «Non rattristarti, il Tuo Signore ha posto un ruscello sotto i tuoi piedi;

   25   scuoti inoltre verso ti te il tronco della palma: lascerà cadere su di te frutti maturi da raccogliere.

 

Ed aggiungiamo volutamente, tra i molti avvenimenti e racconti presenti sia negli “Apocrifi” che in altre tradizioni più o meno esoteriche, riservate, degli argomenti sorprendenti e portentosi che tuttavia sono stati tramandati onestamente.

Il primo fatto sconcertante è che, subito dopo il concepimento spirituale, la Madonna capisce di essere incinta alle ultime ore di gestazione ―portando in sé già un bambino completo―, ed immediatamente fugge di nascosto con gran sofferenza dirigendosi rapidamente verso le alture in direzione di Damasco, dove stremata partorirà dopo 4 ore e 20 minuti.

Altri due eventi sono quelli riportati sopra: appena nato, giacente in terra, suo figlio divino non solo parla ma pure la rincuora e le suggerisce come dissetarsi ed alimentarsi, evidentemente tutto in chiave miracolosa.

Ci sarebbero ancora diversi episodi da riferire e da esaminare, senonché anche per la vita della Madonna si hanno esigue e limitate informazioni, in particolare sulla sua vicenda sia prima che dopo la scomparsa di Gesù. Valga solo come esempio, a titolo di riflessione, la stessa collocazione nell’ambito della sua famiglia e della sua stirpe.

Per la letteratura cristiana il nome del padre di Maria è Gioacchino, per il Qorano è *Imrān. Tuttavia in un paio di Vangeli Apocrifi si trova il nome “Emerino” (italianizzazione di *Imrān), anche nella sua versione femminile, come nello Pseudo Matteo, dove si legge: «In età decrepita, Giuseppe morì e fu sepolto con i suoi parenti e la beata Maria andò con i suoi nipoti, cioè con i figli delle sue sorelle. Poiché Anna ed Emerina erano sorelle. Da Emerina nacque Elisabetta, madre di Giovanni BattistaAnna ebbe tre mariti: Gioacchino, Cleofa e Salome…»[2] Evidentemente è molto probabile che, in sede di redazione dei Vangeli, ci siano stati degli spostamenti di nomi, dal momento che in quell’epoca genealogie e fonti di informazioni erano poco conosciute a livello ufficiale. A meno che Gioacchino non è la stessa persona, *Imrān, sposato ad Anna, era cugino e cognato di Zakarīyā che aveva sposato la sorella di Anna Elisabetta (o, diminutivo, Isa). *Imrān ed Anna sono i genitori della Vergine Maria; Zakarīyā ed Elisabetta sono i genitori di Giovanni il Battista [Yaħyā] (che nasce invece al Solstizio d’Estate).[3]

 

 

Le notizie dei primissimi anni

 

Dal Vangelo di Matteo (2,1) sappiamo che «Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode», ed apparteneva alla Tribù “guerriera” di Giuda (e non a quella “sacerdotale” di Levi); fu circonciso, come tutti gli ebrei. Nasce, non solo al Solstizio d’Inverno, ma anche a Mezzanotte: nella “Casa del Pane” (Beith-Lehem) ―sarà infatti il pane vivente―, la quale però era precedentemente la “Casa di Dio” (Beith-El), il nome cioè che Giacobbe aveva dato al Luz, il luogo e la pietra su cui aveva dormito e ricevuto la “visione”; ora, Beith-El equivale esattamente a Betilo (= omphalos, l’ombelico), cioè il “centro del mondo”![4] La relazione poi tra la pietra e il pane è messa più volte nettamente in relazione, non solo simbolicamente, nel Vangelo.

Prima della “fuga in Egitto”, non è inopportuno introdurre l’Investitura dei Re Magi, poiché l’avvenimento, da un lato prova che in Oriente si sapeva e si attendeva l’avvento di un grande Profeta, dall’altro pertanto che la notizia della sua venuta verrà trasferita e comunicata anche in paesi lontani dalla Palestina.

Dallo stesso Vangelo di Matteo (2,1-11): «Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il Re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”… Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.»

I Magi, ossia i sacerdoti della tradizione iraniana, non vanno interamente confusi con i Re-Magi della tradizione cristiana: uno di essi certamente può esserne un rappresentante, ma degli altri due non si è riusciti a stabilire con precisione la provenienza; qualcuno dice dall’India e dall’Etiopia, ma altri sostengono anche un collegamento con l’Iraq e l’Anatolia o la Siria. I loro nomi medesimi ―Gaspare, Melchiorre e Baldassarre― dovrebbero, attraverso un’attenta etimologia, in parte suggerire le loro eventuali terre di origine; sebbene ciò conferma, in realtà, che essi simbolicamente provengano tutti e tre da un’unica contrada, la quale è la sede della Tradizione Primordiale, ossia il Regno del Prete Janni. Da un lato, mentre essi, donando oro (qualità Regale), incenso (qualità Sacerdotale), e mirra (qualità Profetica, dalla quale scaturiscono le due funzioni precedenti),[5] lo riconoscono e investono come Re, Sacerdote e Profeta, dall’altro lato questa è pure la prova e il pegno che il nascente cristianesimo è nella piena ortodossia di tutte le Rivelazioni autentiche e conformi alla Tradizione Primordiale.

 

 

Fuga in Egitto. (Prosecuzione temporanea in Etiopia?)

 

Subito dopo la partenza dei Magi, Giuseppe e Maria fuggirono in Egitto, con l’ordine angelico di restarvi fino alla morte di Erode.

Nel Qorano c’è un versetto (23,50) in cui viene descritto un altopiano irrorato da acqua: è l’Etiopia? I cristiani Copti etiopici sono sicuri di questo, ne hanno anche delle prove. Risalendo il Nilo dall’Egitto non è poi molto difficile giungere in Etiopia.[6] Esiste ancora nell’Etiopia attuale un’intera serie di documenti (conservati gelosamente) e di tradizioni (appena in minima parte scritta) che rivendicano una presenza effettiva di Gesù; ed esiste anche il racconto che in quei luoghi siano nascosti sia la Tradizione Primordiale che il Vangelo Originario di Gesù.

Un momento certo invece è che il Cristo ritornò in Palestina in età pubere, allorché si trovò a discutere con i Rabbini e i Dottori della Legge ebraica, ed allacciò stretti rapporti con suo Zio Giovanni Battista e gli Esseni.[7] Va sottolineato ad ogni modo questo “passaggio” in Egitto ―e con una certa probabilità anche in Etiopia―, perché come l’India questa terra è attraversata da un fiume sacro, ed è stata il luogo della grande Tradizione Egizia, il luogo dove sono andati molti Profeti, il luogo da cui è iniziata la vera e propria storia d’Israele, la “culla” anche dell’Ellenismo ―la cui Capitale è stata Alessandria―, ed infine terra d’elezione per l’Islam.

Non è però da scartare del tutto neanche l’ipotesi che il Messia sia tornato successivamente in quelle terre durante quel lungo periodo antecedente alla sua missione in Palestina.

 

 

Rientro a Gerusalemme. Soggiorno a Nazareth.

 

Ritornata dall’Egitto in Galilea la Sacra Famiglia si stabilì a Nazareth, dove Gesù visse gli anni dell’adolescenza, assieme ai suoi fratelli,[8] a sua madre e a suo padre che era falegname.

Quanto ai fratelli (ed eventuali sorelle) del Cristo, piuttosto che la congettura alquanto animosa ma non dimostrabile di un matrimonio dell’Immacolata con l’uomo conosciuto dalla tradizione come Giuseppe dal quale avrebbe poi avuto vari figli, si deve invece prendere in considerazione la molto più plausibile condizione che, essendo Giuseppe un padre adottivo,[9] i figli di quest’ultimo divenivano direttamente dei “fratellastri”, di modo che socialmente il Cristo poteva rientrare nello stesso nucleo famigliare (come consuetudine del resto, alla stessa stregua, per gli orfani).

È in questo periodo che si colloca la disputa con i “Dottori” del Tempio, la quale si dev’essere protratta per almeno tre giorni, e non può essere sottovalutata, giacché dimostra implicitamente che Gesù era davvero il Cristo, in possesso già da bambino di conoscenze profonde tali da tener testa agli stessi Rabbini e ai depositari della Tradizione Ebraica.[10]

Altro non sappiamo; difatti, a parte il primo anno ed un periodo imprecisato dell’infanzia, di Gesù il Cristo per circa 30 anni non si sa pressoché nulla![11]

Su questo argomento, negli ultimi decenni in particolare, sono state esibite svariate ipotesi, alcune peraltro davvero fantasiose. Ci soffermeremo soltanto su quelle che potrebbero avere un fondamento più o meno attendibile.

Intanto è necessario precisare che, nei tempi antichi, l’attuale Palestina ed il Libano erano assai collegati e rientravano in un esteso territorio chiamato Dār esh-Shams (“La Terra del Sole”),[12] confinante a Nord con la Turchia meridionale e l’Iran settentrionale ―con propaggini fino all’Armenia―,[13] ad Est con l’Eufrate fino al Golfo Persico (quasi l’Iraq totale), includendo a Sud la Giordania fino al Sinai: all’incirca l’intera regione che era stata dominata dal Profeta David e da suo figlio Salomone.

Ora, il fatto che in buona parte di tale area geografica si diffusero comunità di anacoreti cristiani —dette Laure o Cenobi—, si deve quanto meno pensare che sia stato proprio questo l’ambito principale della predicazione del Messia, ossia il vero Medioriente, senza andare oltre. Sebbene la culla del “monachesimo” fu quasi certamente in Egitto, [14] presto si propagò in Siria, nonché in Palestina e nel Nord-Arabia, in Giordania, in Mesopotamia, in Asia Minore e in Armenia.

Gesù infatti non aveva una casa, né una sede di riferimento e dormiva anche all’aperto, dovunque si intratteneva; egli esponeva e spiegava il suo Injīl (Vangelo Originario) durante i suoi continui spostamenti nei villaggi o nei borghi più disparati: non è però possibile in alcun modo determinare né “le tappe” né il periodo di tempo di tale peregrinazione ―comunque sicuramente almeno ventennale―.

«Gesù avrebbe avuto la rivelazione, da Dio, di muoversi da un posto all’altro, da un paese all’altro, in modo da non essere riconosciuto e perseguitato… e che ovunque si fosse trovato al calar della notte, si sarebbe servito dei prodotti della selva, bevendo acqua fresca.»[15]

Tra l’altro bisogna associare a tale quadro una considerazione senza dubbio inattesa, seppure per molti irricevibile, ma alquanto importante. Secondo un paio di ħadīth [= tradizioni profetiche], di cui si riporta il senso, il tempo di predicazione dei Massimi Profeti (Noè, Abramo, Mosè, Gesù e Muħammad) si dimezza nel corso delle epoche e del tempo: sicché, se il Profeta Muħammad [şAs] ha potuto portare a termine il suo mandato nell’arco di 22-23 anni, la durata della missione di Cristo allora doveva essere stata di 44-45 anni;[16] tale sarebbe dunque la sua età all’epoca della presunta crocefissione ―a partire già dal primo anno di vita―, mentre la Madonna avrebbe dovuto essere ultrasessantenne.

A nostro avviso questa è la versione più realistica che è possibile accettare in merito alla vita e alla storia sconosciuta del Nazareno. Tuttavia, per non respingerla “a priori” o dogmaticamente, è almeno doveroso esaminare la tesi che vede non solo la permanenza ma pure la predicazione del Messia nelle terre del subcontinente indiano e dell’antica Persia.

Il primo testo completo sull’argomento è quello di Fida M. Hassnain:[17] Sulle tracce di Gesù l’Esseno. Le fonti storiche buddhiste, islamiche, sanscrite e apocrife. Ediz. Amrita, Torino 1997.

I manoscritti citati da Hassnain proverebbero che Gesù fu cresciuto e protetto dall’Ordine degli “Esseni”, ed in seguito che trascorse gli anni “mancanti” della sua gioventù in Gran Bretagna, in Persia e in India. Le sue ricerche derivarono dai manoscritti tibetani in cui s’imbatté nel monastero di Hemis in Ladakh l’esploratore russo Nicolas Notovich, il quale, a quanto sembra, fu il primo a scrivere un libro nel 1894, dove si raccontano vicende relative alla presenza di Gesù in Oriente: La vita sconosciuta di Gesù, ancora delle Ediz. Amrita di Torino.[18]

Su tali testi inoltre se ne innestano parecchi altri, tra i quali ricordiamo quello appena segnalato di Mizrā Ghulām Aħmad, Jesus in India, Qadian 2003; quello di Nicholas Roerich,[19] Il cuore dell’Asia, sempre delle Ediz. Amrita, quello di Holger Kersten, La vita di Gesù in India, Verdechiaro Edizioni 2009.[20] e, ultimo in ordine di tempo, Gesù in India? di Manuel Olivares (2015).

Per quanto mi riguarda, pur a fronte di un certo scetticismo c’è tuttavia da riconoscere che molti “spunti” e ragguagli hanno un fondamento, non tanto di verità, quanto piuttosto di “ammissibilità” riconducibile alle attese messianiche ed apostoliche che vigevano in tante zone dell’antico Oriente, fino all’India e alla Cina occidentale, come testimoniato prima dai famosi Re Magi e poi dai primissimi cristiani stessi.[21] Più che ad episodi segreti, tutto ciò ci ricollega alla speciale “funzione” di Gesù in particolare nella Tradizione Hindù.

Nella tradizione hindù, in effetti, il Cristo è considerato il Mleccha Avatara (l’Inviato barbaro, straniero), la nona delle dieci “discese” di Vishnù: ma proprio per questo non venerato o professato, essendo “al di fuori” della giurisdizione religiosa propria dell’Induismo; quantunque la sua recondita influenza si sia fatta sentire parallelamente in quell’epoca con l’espansione della corrente Bhakti, come una diversa forma di devozione Yoga.

Ma  pure nel Buddhismo Himalayano, notevolmente degradato, in coincidenza con l’allargamento del Buddhismo mahayanico, esistevano delle predizioni riguardo ad un grande Bodhisattwa, il quale sarebbe apparso in una terra lontana poco più di 500 anni dopo la morte del Buddha, ed avrebbe riproposto un insegnamento analogo in chiave più universale.

Inoltre, come abbiamo accennato all’inizio, il Messia è altresì considerato il Kalkin Avatara, la decima e ultima delle incarnazioni di Vishnu,[22] che si avvererà alla cosiddetta “fine del Mondo”, esattamente come prevede l’Apocalisse dei Cristiani (e come pure sostiene la Tradizione Islamica). Approfittiamo per aggiungere che insieme a lui ci saranno altri tre cavalieri, gli equivalenti dei “Re-Magi” all’epoca della sua nascita storica, vale a dire: 1. Vaivaswata, il “Manu” del nostro Manvantara (= ciclo dell’Umanità), ovvero il “Brāhātmā (il “Re del Mondo”, che riassume tutti i periodi dell’Umanità, come il Kalkin riassume le 10 incarnazioni di Vishnu); 2. quindi Viraj, l’“intelligenza cosmica” del mondo corporeo, ossia il Mahātmā, l’assistente di destra del Re del Mondo, l’Autorità Spirituale (il Sacerdote); 3. e poi Vaishwānara, il “genio della specie umana”, il Mahānga, l’assistente di sinistra del Re del Mondo, il Potere Temporale (il Sovrano). Trasposti nella tradizione esoterica islamica, essi sono: Idrīs (il biblico Enoch), Elia, al-Khidr, che affiancheranno Sayīdinā *Īsā (Gesù) nella sua missione finale, in particolare contro l’Anticristo.

Il decimo avatara pertanto non sarà più  “solamente cristiano” ma una personalità spirituale generale.

Altre informazioni si possono allacciare con il presente discorso, come, ad esempio, le relazioni incontestabili con il Lamaismo che sembra ebbero i Nestoriani ―i quali per giunta ricoprirono anche un ruolo importante, sebbene alquanto oscuro, agli inizi dell’Islam―[23]; oppure gli strani vari racconti di alcuni gruppi ebraici e cristiani nell’ambito della Tradizione Mazdea o di altre congregazioni in Afghanistan; ma che il Cristo si sia spinto al di là di Antiochia, dell’Armenia o del fiume Tigri non è permesso né affermarlo con certezza, né tanto meno sostenerlo con supposizioni stravaganti ed aleatorie alle quali sono ricorsi i proseliti della New Age.[24]

Viceversa, per quanto riguarda strettamente il tema della permanenza di Gesù Cristo nel mondo terreno dopo la sua morte, sicuramente entriamo in un campo assai insidioso, suscettibile non solo di irritazione o risentimento, ma proprio di conflitto. Soprattutto dalla prospettiva islamica, poiché il Messia non è morto né è stato crocefisso, diventa del tutto superflua, e di fatto infondata, ogni dottrina o pretesa autorità in merito alla questione. Cosicché speculare sulla celebre Sindone,[25] sull’esistenza di almeno due tombe ―una a Srinagar, un’altra nelle vicinanze di Karachi―,[26] su altri reperti o addirittura frammenti della sua croce, non può che essere imbarazzante ed oggetto di inutili dispute. L’unica argomentazione accettabile potrebbe essere soltanto quella di una presenza, magari anche corporea, di Gesù presso i suoi discepoli per alcuni giorni o pochissime settimane.

 

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[1] Cfr. 19,16-21; 19,29-33; 21,91.

[2]Apocrifi del Nuovo Testamento, a cura di L. Moraldi, UTET, Torino 1971, pag. 238.

[3] I due Solstizi sono le due porte cosmiche, i “due volti” del Dio romano Giano (il Dio dell’iniziazione).

[4] «E questa pietra che io ho innalzato come un pilastro sarà la Casa di Dio:» (Genesi 28,22).

[5] Cioè il balsamo di incorruttibilità, equivalente all’amrita degli hindù o all’ambrosia greco-latina, la “bevanda degli Dei immortali”.

[6] Senza dimenticare inoltre che l’“Etiopia” del passato non coincideva affatto con quella presente.

[7] Il contatto con gli Esseni durante la predicazione di suo zio Yaħyā (Giovanni Battista) è in fondo anche riportato indirettamente dagli stessi vangeli sinottici, i quali lasciano intravedere una Comunità che vive nel deserto, lontano dalle città, che sostiene dottrine e pratiche esoteriche ―in contrasto con la “Legge” degli Scribi e dei Sacerdoti, e per questo perseguita―. Dicevano per esempio: «Abbiamo Abramo per padre! (e non Mosè)… Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre»; «La scure è già posta alle radici degli alberi… Razza di vipere! (esecrazione del Battista contro rabbini e farisei)». «Giovanni era vestito solo di una cintura di pelle, mangiava locuste e miele».

[8] Il Vangelo di Luca (8,19) ne parla esplicitamente; come pure parla di varie donne al seguito di Gesù: oltre a Marta, cita Maria di Magdala, Giovanna [moglie di Cusa, amministratore di Erode], Susanna ed altre.

[9] Poiché, pur non avendo avuto rapporti carnali con la Vergine, era tuttavia non solo il suo “compagno” ma anche il suo tutore. Qualcuno ha pensato ad un Sacerdote del Tempio, o addirittura a Giuseppe d’Arimatea, e verosimilmente neppure “falegname”, ma persona colta e rispettata.

[10] E questa menzione può indurre a capire un altro motivo dell’allontanamento di Gesù al di fuori della Palestina: si era sparsa oramai la voce di un giovane che bacchettava perfino i Sapienti, insegnava un altro modo di praticare la Religione, e, forse, aveva compiuto pure qualche miracolo.

[11] Ci sono stati infatti diversi critici che hanno perfino messo in dubbio la sua esistenza. Senza contare che, di quello che conosciamo, nella quasi totalità le informazioni sono soltanto “di parte”, ovvero, come abbiamo visto, provengono esclusivamente dagli Apostoli e dai suoi seguaci.

[12] D’altronde anche il nome di “Siria”, proviene da una parola che significa Sole.

[13] Il Kurdistan originario, ancora oggi rivendicato dal popolo che vi risiede.

[14] Antonio il Grande (250-356) fu il padre degli “eremiti del deserto”; il suo nome si affianca a Ilarione, Caritone, e soprattutto a quello di Pacomio (m. 347), che fondò i primi cenobi (maschili e femminili), assieme a quello di Macario l’Egiziano (300-390), istitutori di “regole” ascetiche.

Esse influenzeranno direttamente sia il monachesimo di Basilio in Cappadocia (e successivamente nel mondo bizantino), sia quello di Benedetto in Italia (e poi in tutta Europa).

[15] Manuel Olivares: Gesù in India?, London 2015; pag. 217. Sono citazioni di Mizrā Ghulām Aħmad nel suo libro Jesus in India, ricavate dalla collezione di “detti e fatti del Profeta” Kanzu ’l-Ummal dello stretto discepolo e Compagno Abū Hurayra, trasmettitore di numerose tradizioni profetiche.

[16] Quella di Mosè 88-90 anni; quella di Abramo 180 e quella di Noè tra i 360 e i 400 anni.

[17] Un professore musulmano vissuto in Kashmir il secolo scorso.

[18] Ebreo russo di nascita, convertito poi al Cristianesimo Ortodosso. I testi in questione potrebbero essere dei falsi di epoca più recente, messi in circolazione per suscitare discredito, confusione, e forse per alimentare l’occultismo.

[19] Pittore di origine russa, protagonista di diverse spedizioni nell’Asia Centrale.

[20] Riconducibile al “filone” New Age.

[21] La storia dell’apostolo Tommaso infatti finisce addirittura in India, dove, a Madras, fu martirizzato.

[22] Il termine “incarnazione” non deve assolutamente  essere inteso in senso letterale, bensì come lo considerano gli Hindù, ovvero come “discesa” nel corpo.

[23] Il che permette anche di intravvedere una linea occulta che collega l’Induismo, tramite il Buddhismo e il Cristianesimo (le due ultime grandi Tradizioni allargate poi in forma ecumenica), all’Islamismo.

[24] Parecchi dei quali alquanto sospetti, come Levi H. Dowling o Edgar Cayce e perfino Rudolph Steiner (il fondatore dell’Antroposofia) o Edouard Schuré,

[25] Il cui tessuto, fra l’altro, secondo le analisi scientifiche non risalirebbe oltre il Basso Medioevo. Forse invece sarebbe più interessante approfondire la storia dell’altra reliquia conosciuta come “Veronica”.

[26] Anche perché nella città di Medina, accanto alla tomba del Profeta Muħammad [şAs], da secoli è affiancata un’altra tomba vuota, predisposta per il Cristo, allorché morirà dopo aver ucciso l’Anticristo e terminato la sua missione.