Poesia, canto e danza nel Sufismo (prima parte)

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Poesia, canto e danza nel Sufismo (prima parte)

Ho il piacere di presentare alcuni brevi estratti del libro Anche in silenzio parlo, degli amici Luiz Maio Ruiz e Lilly Di Benedetto.

Presentandoli in maniera stringata:

Luiz Maio Ruiz, laureato in filosofia e specializzato in sociologia è uno degli studiosi italiani più preparati sul Sufismo. Musulmano dal 1982, è membro dell’Ordine sufi Tarīqa Burhānīya Dusūqīya Shādhilīyā. Tra le sue opere ricordiamo René Guénon in Italia, L’Ultima, Universale, Unica, Religione: l’Islam, L’Islam per la salvezza dell’Occidente, Il Sufismo – La spiaggia delle certezze-.

Lilly Aisha Di Benedetto, laureata in lingue e letterature straniere, giornalista, ha proposto numerose attività culturali nazionali e internazionali, con la partecipazione di prestigiosi artisti, poeti e scrittori. Ha pubblicato un romanzo –Labirinto d’amore(1990) e raccolte poetiche – Stagioni (1984), I giorni dell’incontro (1986), Ambizioso Equilibrio (1993), Creatura in adorazione (1996), Ho azzerato il tempo (1998), Risveglio nel Sufismo (2004), Diario di una Sufi (2011). Dal 2001 è membro dell’Ordine sufi Tarīqa Burhānīya Dusūqīya Shādhilīyā.

 

La poesia sufi è stata composta in numerose lingue. Inizialmente, nel nono secolo, quale veicolo delle espressioni mistiche in versi era usato l’arabo, presto seguito dal persiano a partire dall’undicesimo secolo. I Sufi cominciarono a comporre versi in altre lingue madri come il turco e l’antico hindi nel tredicesimo secolo. Si potrebbe ampliare l’elenco includendovi una varietà di lingue africane ed asiatiche ognuna delle quali ha continuato a essere usata dai Sufi fino a oggi.

La loro poesia non era semplicemente un’espressione individuale ispirata; era anche una letteratura molto complessa e sapientemente costruita, con regole più o meno elaborate di metro e di rima e complicati codici di interpretazione simbolica che presupponevano una profonda conoscenza dell’argomento. La forza della poesia sufi è testimoniata non soltanto dai suoi devoti nei contesti tradizionali ma anche dagli accesi e profondi dibattiti che hanno circondato la sua interpretazione da parte degli studiosi occidentali fin dalla scoperta del Sufismo letterario due secoli fa.

Per chi non ha famigliarità con i particolari di queste tradizioni va detto, in generale per l’arabo e  per il persiano, che le principali forme poetiche che ci interessano sono quattro: l’ode (qasida), la lirica (ghazal), la quartina (ruba’i) e l’epica (masnavi). L’ode era la forma poetica più importante della poesia araba… Dal momento che in larga parte sembra essere andata perduta, l’antica poesia sufi è conosciuta per lo più attraverso brevi frammenti attribuiti ad antichi maestri, citati più tardi nei manuali sul Sufismo. Molti di questi versi si servono delle stesse immagini dell’amore e del vino presenti nella poesia secolare, così che l’unico elemento per identificare le poesie come mistiche è il contesto in cui si trovano e la loro interpretazione… Probabilmente le poesie mistiche arabe meglio conservate sono quelle che vengono tuttora recitate dagli ordini sufi nelle sedute comuni, spesso accompagnate dalla musica. Le poesie arabe in lode di Dio e dei santi, scritte dal santo nordafricano Abu Madyan, vengono ancora recitate in Marocco e più recenti canzoni sufi arabe vengono eseguite in Egitto, Sudan e altri paesi.

Di grande importanza per la poesia araba sufi è la figura di Ibn al-Farid (morto nel 1235), un egiziano i cui versi pregnanti hanno attratto un pubblico entusiasta e dato origine a numerosi commenti nel corso dei secoli. Era un maestro della poesia dell’amore e del vino, con forti reminescenze della tradizione classica associate a chiari riferimenti alle pratiche sufi. Le sue composizioni più lunghe, in particolare la famosa Ode al vino (Khamriyya) e il Poema del sentiero, sono diventate capisaldi dell’interpretazione sufi. Nell’apertura dell’Ode al vino si vede con chiarezza come egli associ le immagini del vino a chiari segnali di un’interpretazione mistica: «Abbiamo bevuto in memoria dell’amato un vino/ di cui eravamo ebbri prima che il vino fosse stato creato».

Anche la poesia sufi persiana ha avuto origine nelle confraternite sufi…Nessun discorso sulla poesia mistica persiana potrebbe tuttavia essere completo se non si ricordasse Rumi (1207-1273)…Rumi è autore del più esteso corpus di poesia lirica della letteratura persiana, il Divan-i-Shams-i-Tabriz (circa quarantamila versi) e del poema epico-mistico detto Masnavi (venticinquemila versi). Come nel caso di Hafiz e di Ibn al-Farid, i versi di Rumi sono spessi stati letti in epoca moderna in chiave di trasparente espressione della sua personale esperienza di mistico. In tempi più antichi la sua poesia era letta invece come un’esposizione della dottrina sufi e veniva spesso interpretata (soprattutto il Masnavi) alla luce della metafisica di Ibn Arabi…Come ogni teologia negativa, poiché vuole indicare il divino che è oltre, la poesia di Rumi innesca una risposta di ricerca che trova la sua espressione migliore nei rituali di musica sufi

In ogni caso Rumi sfugge a qualsiasi classificazione. Egli stesso proclama che non è dell’Oriente né dell’Occidente, dell’Industan né del Badakhshan. Appare dunque ancora più degno di nota che sia stato definito e canonizzato in modo del tutto nuovo (e con lui, seppur in misura minore, Hafiz) nel corso del ventesimo secolo. Non vi è dubbio che vi sia una potente suggestione estetica nella lettura dei versi persiani di Rumi, tanto più quando si ascoltano in un contesto musicale che emula il sama’ sufico. Per la sua esaltazione della forza dell’amore e per la libertà con cui spazia nell’intero campo simbolico della poesia persiana, Rumi viene probabilmente citato e ammirato da chi parla persiano, più di ogni altro poeta.

Luiz Maio Ruiz

 

1.

E se io ho avuto tutto

in questo mondo

“Deo Gratias”

Perché il vuoto?

 

Debbo già imparare

A vivere nel silenzio.

 

2.

Allora,

a che servono le continue preghiere

se Ti allontano con le paure?

 

Un Sufi mi ha detto:

«Se non lasci i tuoi affanni

E non svuoti il “bicchiere”,

non c’è posto per Allah!»

 

Ipocrita, ed io credevo di avere fede!

 

3.

Persino con le angosce Ti sento

Ma non capisco ancora il Tuo disegno:

 

C’è forse un’altra strada

Oltre la sofferenza per arrivare a Te?

Lilly Di Benedetto

 

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